Amletò di Giancarlo Sepe al teatro La Comunità fino a domenica 11 dicembre
Debutta per la prima volta nel novembre del 2013 l’Amletò di Giancarlo Sepe e lo troviamo in scena ancora oggi – e fino all’11 dicembre – sempre in una sala gremita e entusiasta del Teatro La Comunità di Roma.
Per questa non-tragedia shakespeariana, Sepe si ispira al teatro ideologico espressionista, al realismo poetico di Prévert, a Jean Cocteau e al cinema francese degli anni ’30 per immergerci in uno spazio-tempo surreale che ci riporta all’anno dell’invasione nazista in Polonia: il 1939 di Parigi, sulle rive del Canal Saint Martin.
La scena si apre vuota, buia e gli otto personaggi – con il volto dipinto di bianco (a richiamare la pantomima, con le espressioni e le smorfie tipiche del cinema muto) accompagnati dalla musica, prendono il proprio posto sul palcoscenico. Ai loro piedi è scritto per ognuno un nome e un ruolo.
Troviamo Amletò – Guido Targetti, Ofelia – Federica Stefanelli, il Re – Manuel D’Amario, Laerte – Cesare D’Arco e Claudio – Alessio De Caprio. Infine, Rosencrantz e Guildestern (che all’occorrenza diventano Rose e Guillaume o viceversa) interpretati da Sonia Bertin e Federico Citracca. Tutti si muovono come burattini in stato di ebrezza, cimentandosi in un geniale grammelot pseudo francese quasi completamente comprensibile e intuibile dal pubblico.
Foto di Pino Le Pera
Claudio, non potendo possedere la peccaminosa Gertrude, alla nascita del nipote Amletò, fugge disperato dalla Danimarca per stabilirsi a Parigi nell’Hôtel du Nord – dal film del 1938 di Marcel Carné – un luogo di mistero, di vizi e violenza. Proprio qui – attraverso un ponte di ferro – lo raggiungerà la famiglia di Elsinore, appena sfuggita con un’automobile dal terrore nazista.
Tra ironia e dramma, un Amleto novecentesco viziato e infantile, capriccioso e depresso, divorato dai fantasmi e dalle ossessioni si confronta con la dolce amata e ingenua – ballerina di flamenco – Ofelia, mentre un amore edipico lo condurrà sempre di più verso la regina, sua madre. Così, come i giovani fidanzati della storia di Carné decidono di suicidarsi insieme, anche Amletò vorrebbe finire con Ofelia che, invece, deciderà di morire sola, sempre per acqua – come nel testo originale – nel Canale Saint-Martin, provocando solo indifferenza e distacco. Ma Amletò ha altri obiettivi: continuare la ricerca del padre morto in un’atmosfera musicale coinvolgente, languida e quasi triste.
Foto di Pino Le Pera
L’Amletò di Giancarlo Sepe è un viaggio onirico fatto di introspezioni e che non culmina nella tragedia ma solo nell’attraversamento psicologico dell’essere umano. Essere o non essere, vendicarsi o non vendicarsi conta ben poco, l’unica cosa certa è il tormento e la contraddizione innata dell’uomo.
Marianna Zito
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