Al Teatro Vittoria di Roma va in scena “Kobane calling on stage”
“Quando senti RATATATA è ISIS. Quando senti TUM.TUM.TUM. siamo noi.”
“E SBOOOM?”
“SBOOOM dipende. Fuoco e poi SBOOOM, è americani. SBOOOM e basta è Isis.”
Inizia così “Kobane calling on stage”, al Teatro Vittoria di Roma fino al 15 dicembre, per la regia di Nicola Zavagli, atto unico di 90 minuti tratto dal fumetto “Kobane calling” di Zerocalcare, prodotto da Lucca Comics&Games e Compagnia dei Teatri d’Imbarco, in collaborazione con Bao Publishing.
Nicola Zavagli, tiene viva e intatta l’impronta del fumettista romano, portandone sul palco l’ironia, la romanità nel linguaggio e nelle attitudini, il lato grottesco, i flashback e le parentesi, i “pipponi” con personaggi immancabili come l’Armadillo e il Mammut. Ma c’è anche un difficile lavoro di taglia e cuci per trasporre, fedelmente, un numero piuttosto ampio di tavole su uno spazio limitato, con una scenografia semplice, basica. Nel suo lavoro di trasposizione, il regista porta tutto ciò che di vitale c’è nel fumetto di Zerocalcare: una spiegazione chiara e limpida del contesto geopolitico, infarinata di momenti che non possono non strappare una risata, ma che comunque dice quel che va detto, senza tanti giri di parole.
Zavagli sa guidare lo spettatore, sa quando farlo rilassare e quando farlo restare serio, in riflessione. E il pubblico segue attento, supportato dai cambi di musica, luci e scenografia. L’irrompere di uno degli attori dalla platea, poi verso il palco e poi la corsa su in galleria insieme ad altri, spezza una narrazione fino ad allora lineare, aumentando la tensione e costringendo lo spettatore a uno spostamento anche fisico per seguire, quasi il regista voglia lasciare il palco vuoto, con sullo sfondo solo pezzi di fumetto di una Kobane liberata, ma distrutta. Zavagli ci costringe a guardare con più occhi una realtà che a senso unico non è. La regia, nel suo lavoro, è supportata da tredici giovani attori, versatili, che su uno stesso palco riescono a passare con disinvoltura da un personaggio a una altro: la mamma di Zerocalcare è anche una guerrigliera del PKK; il Mammut veste bene i panni anche del doganiere e del Bastardo alla frontiera; George Pig sa trasformarsi rapidamente nell’autista di YPG. E la macchietta è sempre consapevole, e per questo ben riuscita.
Lungo e meritato l’applauso dalla sala, interrotto solo per dedicare lo spettacolo a Lorenzo Orsetti, il giovane fiorentino morto a marzo 2019 per combattere a fianco dei curdi. La dedica ci riporta in tutto e per tutto alla realtà, nel caso fossimo stati distratti da altro: non è né solo un fumetto, né solo uno spettacolo a teatro. È una guerra che, a prescindere da quel che si urla nei salotti, qualcuno sta combattendo per davvero.
Laura Franchi