“AL PRESENTE” – L’INQUIETUDINE FUORI DAL TEMPO DI DANIO MANFREDINI
Non si può parlare di “Al presente” senza parlare del tempo. 20 anni. Sono quelli compiuti da Danae Festival e, per una fortunata coincidenza, da questo spettacolo, o meglio da questa poetica – che abbiamo visto in scena al Teatro Out Off di Milano – un’infinita ricerca incompiuta che forse, meglio di ogni altra, rappresenta il teatro di Danio Manfredini. 20 anni, ma in realtà fuori dal tempo.
“Al Presente” è un autoritratto che l’autore dipinge sulla tela: una scena totalmente bianca in cui, in compagnia del suo doppio immobile, Danio si muove, popolandola dei mille personaggi che abitano la sua mente. Un uomo doppio e diviso. Una parte è immobile, assente, passiva, in balìa di ciò che accade nel mondo: un manichino. L’altra parte è inquieta, angosciata, attraversata da movimenti e pensieri incontrollabili, dalla memoria di cose e di persone passate, ma ancora presenti nella sua mente. Manfredini assume, di volta in volta, gli atteggiamenti, la voce, i comportamenti di un gran numero di personaggi, che in gran parte sono persone da lui realmente frequentate nel corso della sua esperienza di lavoro, durata dodici anni, in comunità psichiatrica. Queste persone, in qualche modo, “lo abitano” e convivono con altri personaggi della sua mente in un chiarore quasi abbagliante, spezzato solo da proiezioni di acquerelli e immagini. La solitudine qui è luce, mentre noi, moltitudine di occhi che lo guardano, siamo oscurità. Le intrusioni della realtà, che sembrerebbero riportarci a un tempo preciso, passato (20 anni fa), sono frequenti: il mangianastri, la segreteria telefonica, le centomila lire… Eppure, finiscono paradossalmente per confermare e rinforzare la sensazione che quest’uomo, la sua mente, i suoi incubi, la sua meravigliosa e spaventevole inquietudine siano fuori dal tempo, da ogni tempo. L’ultima parte vede l’abbandono del manichino e la fusione di tutti i personaggi in un unico essere danzante con la parrucca bianca. In lui, nel suo candore, convivono le ombre e il dolore che l’artista è destinato a portare sempre dentro di sé, fino alla morte.
Di Danio Manfredini sono state date nel tempo tante definizioni. Ciò che è certo è che chi lo vede in scena, o ha il privilegio di averlo come Maestro, assiste ogni volta a un’esperienza quasi mistica: l’incarnazione del mistero del Teatro in un Uomo. Per questo Danio Manfredini rappresenta un unicum, un patrimonio del nostro Teatro; non soltanto per quello che ha già fatto ma anche “Al Presente” e, ne siamo sicuri, per tutto quello che farà ancora. Fuori da ogni tempo.
Il momento speciale: le sequenze fisiche, fondamentali nel Teatro di Manfredini, il suo “esserci” sempre in ogni minimo dettaglio (il tremolio del labbro, la mano irrequieta ecc.), il carisma inquieto e straripante che lo rende un Artista così amato.
A.B.