“After the storm” è il nuovo album di Ane Brun – La recensione
Il 30 ottobre esce per Balloon Ranger Recordings “After the great storm”, il nuovo disco, di Ane Brun, cantautrice norvegese adottata svedese. “After the storm” è l’ottavo disco dell’artista, che arriva dopo ben cinque anni da “When I’m free”. L’attesa è stata lunga, ma in compenso il nono disco di Ane vedrà la luce tra meno di un mese, il 27 novembre, e si intitolerà “How the beauty holds the hand of sorrow”.
Nove i brani presenti in questo nuovo disco, dalle atmosfere intime ed evocative, in cui spicca la vocalità pulita ed espressiva di Ane Brun e la sua capacità tecnica e interpretativa.
“Honey” immerge in un ritmo avvolgente esaltato dalla linea melodica e dalla voce soave di Ane, una canzone d’amore che arriva all’immedesimarsi nell’altro completamente: “I can promise you you’ll make it through, and I know that ‘cause I am you” (posso prometterti che ce la farai, lo so perché io sono te).
“After the great storm” ha atmosfere ipnotiche, un ritmo lento e suoni cupi, in cui spicca la voce cristallina di Ane, una sonorità che il testo rappresenta attraverso i ricordi dopo la grande tempesta: “And each brush of wind kissed your forehead like a blessing, falling snowflakes on your face made you feel reborn” (ogni folata di vento ti baciava la fronte come una benedizione, i fiocchi di neve che cadevano sul tuo viso ti facevano sentire rinato).
“Don’t run and hide” mantiene una sonorità cupa, ma più lieve, una storia che incita a non scappare, ma a ad accettare la vita: “when you find yourself between reality and dreams accept and breathe over and over and over and over” (quando ti trovi tra la realtà e i sogni accetta e respira ancora e ancora e ancora). Il ritornello rimane facilmente in testa, esaltato anche, verso la fine del brano, dagli archi che lo accompagnano soavi.
“Crumbs” è un brano che racconta la storia di una donna che resterà sempre l’amante di un uomo, senza riuscire a staccarsi da lui, accontentandosi delle briciole (crumbs): “you just need the little you take, ‘cause he’s not deceiving, he’s just suffering and you can’t see yourself leaving” (hai solo bisogno del poco che ricevi perché non è ingannevole, lui sta solo soffrendo e tu non riesci ad andartene).
“Feeling like I wanna cry” trasporta in una dimensione in cui gli archi fanno da sottofondo con un ritmo ben preciso e un basso battente. Il testo esprime la preoccupazione verso un presente instabile, in cui si cera un appiglio nell’altro: “I wanna hold out my hand, offer everything I am, can’t we form a chain, get us all back on track again?” (voglio porgere la mia mano, offrire tutto ciò che sono, non possiamo formare una catena e rimetterci in carreggiata?).
“Take hold on me” ha un inizio soffuso di musica elettronica che poi cresce fino all’entrata della voce. Il testo racconta sensazioni di imprigionamento, dato dalla gravità e dal peso delle aspettative, il tutto dettato da un beat martellante che cresce più forte mano a mano che il brano procede: “take hold on me, keep this energy steady” (tieniti a me, mantieni stabile questa energia).
“Fingerprints” è il brano più lungo del disco, un lento che avvolge nel suo arrangiamento, arricchito da bellissimi archi, con un testo che evoca la mancanza di qualcuno, che sembra però presente nei sogni: “in the night I hear you in my sleep, you’re visible to me, you’re visiting my dreams, you appear in unfamiliar places, signalling to me as if we are still connected through a narrow opening” (nella notte ti sento nel sonno, sei visibile, visiti i miei sogni, appari in posti poco familiari, mandandomi segnali come se fossimo ancora connessi da uno stretto varco).
“The waiting” è un brano con un synth predominante che infonde un’atmosfera cupa in contrasto con la voce. “The waiting for life to begin” (l’attesa che la vita inizi). Il testo evoca l’attesa di qualcosa che colpisca il cuore, sentirsi vivi: “don’t you wanna feel alive?” (non vuoi sentirti vivo?)
“We need a mother” è una canzone che esprime rabbia e delusione per come l’umanità sta vivendo; per rimediare ci sarebbe bisogno di una figura materna, da qui il titolo. I versi dicono “and it sure is very challenging to keep believing when your faith is turning into rage” (ed è sicuramente molto difficile continuare a credere quando la tua fede si sta trasformando in rabbia). La soluzione è lo stare uniti, anche se rimane l’interrogativo finale: saremo in grado di salvarci all’ultimo secondo?
Nel complesso, un disco emozionante e intenso che fa cresere l’attesa per la prossima uscita a fine novembre.
Roberta Usardi
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