ABITARE LA BATTAGLIA (conseguenze del Macbeth) al Teatro Napoli Festival
“La vita non è che un’ombra che cammina; un povero commediante che si pavoneggia e si agita sulla scena del mondo” Shakespeare
“le cose che desideri sai ti uccidono meglio” la bestia CARENNE
Alla Galleria Toledo per il Teatro Napoli Festival 2018 vanno in scena le nostre più intime, sfrenate e condivise passioni. “Abitare la battaglia“, quella dentro di noi, quella contro di noi. Un campo di battaglia deserto, un conflitto senza tempo quello che Shakespeare ci racconta nel suo Macbeth. L’animo umano che si rivolta contro se stesso mettendo in piazza i conflitti interiori, le volontà sopraffatte, mali che da sempre accompagnano gli animi umani. Questi i capisaldi da cui parte il regista Pierpaolo Sepe con la drammaturgia di Elettra Capuano.
In uno spazio vuoto, scarno – lontano da tutto – sette attori (Federico Antonello, Marco Celli, Paolo Faroni, Noemi Francesca, Biagio Musella, Vincenzo Paolicelli, Alessandro Ienzi), tutti oggetto e soggetto del potere, si muovono danzando e saltando, barcollando e tuffandosi l’uno contro l’altro , l’uno dentro l’altro. Colpendosi, si amano e si odiano, combattono, scherzano in un tripudio di emozioni , aiutati da musiche meravigliose e dalle luci di Marco Ghidelli che sembrano scolpire i corpi come solo pochi grandi scultori hanno saputo fare nel tempo. Tutto in scena è un piacere per gli occhi. Pochissime parole, delle frasi, un monologo, tutto in inglese. Scelta non apprezzata da chi come me non è riuscito a cogliere tutto, ma in questo modo la parola ha avuto la stessa importanza di un gesto, di una smorfia di dolore, di uno schiaffo, di una luce, perdendo di diritto il ruolo di padrone assoluto. Si è fatta suono tra i suoni,significante tra i significanti.
Disegno dell’artista popolare napoletano Antonio Conte
All’inizio non capivo molto, sbagliavo l’approccio. Gli attori hanno messo in scena la vita, e quando qualcuno ha capito la vita? Così ho smesso di pensare, di capire, di pensare di poter capire e mi sono lasciato andare, mi sono fatto trasportare dalle musiche, dai rumori dei passi sul legno, dalla potenza delle mani sui corpi, dal respiro affannato degli uomini. Ho seguito il flusso e mi sono perso nelle emozioni , nel vortice delle nostre passioni sfrenate, nella bramosia di potere, volevo possedere e essere posseduto, mi sono fatto schiavo e re, regina e cavaliere. Ho percepito fin dove può spingersi l’animo umano per la paura di perdere quello che ha, dove può arrivare il migliore degli uomini e come può perdersi nel desiderio. Ho visto amici che tradiscono, donne che comandano e che vengono comandate. Ho assistito a scene di sesso animale, all’amore carnale, all’amore puro, ho goduto e ho fatto godere, ho provato repulsione. Ci sono state battaglie, assassinii e guerre. Uomini sono caduti traditi e sbeffeggiati . Ho visto il trionfo dei vincitori e la disperazione dei vinti. Ho visto vincitori vinti, ancora più disperati. Le passioni non sono state messe in scena, ci sono state sbattute in faccia , talvolta anche in maniera delicata. Sei uomini e una donna hanno messo in scena la vita, “una bellissima favola piena di rumore e furore che non significa nulla” ma è piena gonfia di emozioni e suggestioni, ho visto la vita vomitare vita, ancora e ancora. Non ho capito nulla ma ho pianto quando un re buffone ha danzato con la morte, ho sofferto con lui disarmato da quello stesso potere che voleva, ho danzato con i pazzi cercando amici che non trovavo più. Ho desiderato e bramato, ho ottenuto, e ho perso. Ho vissuto.
Antonio Conte