A Torino debutta “Sweeney Todd” secondo Claudio Insegno
Per Halloween, al Teatro Colosseo di Torino è andato in scena “Sweeney Todd, il diabolico barbiere di Fleet Street”. Due repliche – il 31 ottobre e il primo di novembre – che hanno regalato ad un pubblico eterogeneo l’occasione di assistere ad un musical goticheggiante, un po’ dark un po’ rock ma anche molto pop, dove la trama, al di là degli espedienti sanguinosi che indagano l’eventuale irrazionalità di una certa psicosi, si rivela però sempre piuttosto toccante, se non addirittura straziante.
Sweeney Todd: the Demon Barber of Fleet Street è stato creato negli anni Settanta da Stephen Sondheim, autore di musiche e testi, e da Hugh Wheeler, che invece firmò il libretto. I due, però, non hanno inventato molto: quella del barbiere che al posto di radere la gente recide le giugulari è una leggenda londinese vecchia di almeno due secoli, che pare sia approdata alla letteratura con George Dibdin Pitt, il quale (già nel 1847) produsse uno spettacolo teatrale originariamente intitolato The String of Pearls or the Fiend of Fleet Street. Poi ci fu Christopher Bond, che nel 1970 ammodernò il testo per riportarlo alla ribalta. Solo nove anni dopo avvenne la prima della versione di Sondheim e Wheeler, diretta da Harold Prince, ovvero l’artista (scomparso quest’estate a Reykjavík) che per le sue regie e produzioni si è aggiudicato il maggior numero di Tony Award: ben ventuno. Tuttavia, se Sweeney Todd è anche un personaggio pop lo si deve a Tim Burton, che nel 2007 ha portato il musical al cinema con un cast interessante che includeva, oltre ai soliti Depp e Bonham Carter, anche Alan Rickman, Sacha Baron Cohen, Jamie Campbell Bower e Timothy Spall. La sinossi è presto detta: siamo a Londra, nel 1846, e da una nave mercantile scende un losco figuro ingiustamente condannato ai lavori forzati quindici anni prima. È Benjamin Barker, si presenta a tutti come Sweeney Todd, e vuole tornare dalla moglie e dalla figlia. Ma Mrs. Lovett, la proprietaria del negozio di torte di carne sotto il suo appartamento in Fleet Street, gli racconta che nel frattempo il giudice Turpin ha violentato la moglie, che si è suicidata, e ha preso con sé la figlia, Johanna, all’epoca neonata e ora giovane fanciulla. Capiamo bene, insomma, che se le premesse sono queste, diventare un pazzo assassino è un’alternativa plausibilissima.
La regia dello spettacolo presentato a Torino è di Claudio Insegno, il fratello meno noto di Pino, che ha messo insieme un cast giovanile di tutto rispetto: tra i più lodevoli sia a livello canoro sia in termini di recitazione, sicuramente Lorenzo Tognocchi (Sweeney), Francesca Taverni (Mrs. Lovett), Simone Leonardi (Turpin), Luca Giacomelli Ferrarini (Anthony, lo spasimante di Johanna). L’adattamento delle canzoni è stato affidato a Emiliano Palmieri, l’orchestra era diretta da Paolo Zaltron. Ottime le scene di Francesco Fassone, perfetti i costumi un po’ new romantic di Lella Diaz. Uno show sicuramente riuscito, esteticamente gradevole e inattaccabile sui contenuti. Merito del regista, che ha saputo coordinare con abilità tutto il gruppo, ma gli omaggi vanno resi anche a tutti gli altri artisti coinvolti. E quindi, lunga vita a questa versione della favola nera di Fleet Street.
Davide Maria Azzarello