A Milano la mostra “Preraffaelliti. Amore e desiderio” con opere dalla Tate Gallery di Londra
Palazzo Reale ospita ancora per pochi giorni, fino al 6 ottobre, una mostra notevole sulla confraternita dei Preraffaelliti curata da Carol Jacobi, con il sottotitolo accattivante “Amore e desiderio”. Ma chi erano i Preraffaelliti? La confraternita che ha preso il nome di “Preraffaelliti” nasce e si sviluppa in Gran Bretagna nel XIX secolo e riunisce un gruppo di artisti che contestava la pittura di Raffaello Sanzio, che racchiudeva l’arte pittorica in schemi accademici e per questo limitanti. I Preraffaelliti puntavano a un nuovo modo di concepire la realtà introducendo nei loro lavori soggetti appartenenti alla letteratura, come le opere di Shakespeare, Dickens e Chaucer e anche la Bibbia. Molti di loro erano spesso anche scrittori, come John Ruskin (1819 – 1900), che scrisse il saggio “Preraphaelitism” (1851), che divenne il manifesto di questa corrente artistica. Oltre a Ruskin, gli altri artisti appartenenti alla Confraternita furono: Dante Gabriel Rossetti, John Everett Millais, William Hunt (membri fondatori), Frederic George Stephens, Ford Madox Brown, William Trost Richards, William Morris, Edward Burne-Jones e il tardivo John William Waterhouse.
Il tema principale dei dipinti è quello dell’amore e delle storie d’amore, che sono raffigurate esaltando la fisicità e gli sguardi, spesso usando colori intensi. Ad esempio, il ritratto “La proposta (Il marchese e Griselda)” (1850) di Frederic George Stephens (1828 – 1907) si ispira a una delle “Canterbury Tales” di Chaucer e ritrae il conte di Saluzzo in procinto di dichiarare il suo amore a Griselda; forti e decisi i colori, importante la fisicità: il corpo del conte è in una posizione a metà tra l’inginocchiato e il seduto, a simboleggiare l’amore che supera le barriere erette dalle classi sociali. Da sottolineare il fatto che spesso gli artisti usavano dei modelli dal vivo e in questo caso troviamo Elizabeth Siddal (1829 – 1862) a posare per la figura Griselda. Ma costei posò anche per un altro importante esponente dei Preraffaelliti: John Everett Millais (1829 – 1896), che per dipingere il suo famosissimo quadro “Ofelia” (1851-2) chiese alla modella di immergersi in una vasca da bagno vestita da sposa. Elizabeth diventò modella fissa, nonché moglie, di uno dei più grandi esponenti del gruppo, Dante Gabriel Rossetti (1828 – 1882), apparendo, tra gli altri, nell’intenso dipinto “Beata Beatrix” (1863). La donna fu anche il soggetto dei quadri che Rossetti ispirò a Dante, come “Il sogno di Dante alla morte di Beatrice” (1856) o “Paolo e Francesca da Rimini” (1855) il cui amore era ispirato a Lancillotto e Ginevra, raffigurati successivamente dall’artista nel dipinto “La tomba di Artù” (1860). Dopo la morte della moglie, Rossetti si avvalse di altre modelle per le opere successive, come Alexa Wilding per “Monna Vanna” (1866) e Fanny Cornforth per “Aurelia (L’amante di Fazio)” (1863-73).
Anche Arthur Hughes (1832 – 1915) diede il suo contributo alla corrente artistica dipingendo quadri suggestivi come “Amore d’aprile” (1855-6) in cui si percepisce dalla giovane donna in primo piano l’angoscia e la tensione sul volto delicato; a contrasto, il colore acceso della sua veste, lilla, e la simbologia floreale: l’edera che rappresenta la fedeltà e la vita eterna in contrapposizione alla rosa appassita ai suoi piedi, a sentenziare un amore oramai finito. Sullo sfondo si intravede la testa del giovane uomo accanto a lei, in ombra. Sempre di Hughes è “La figlia del boscaiolo”, un dipinto dolce, in cui si vede in primo piano una bambina che dorme vicino allo scialle della madre e alla giacca del padre, impegnati a lavorare; la bimba viene sorvegliata da uno scoiattolo e un pettirosso.
Il tema femminile non poteva tralasciare la mitologia, in particolar modo grazie a un esponente tardivo dei Preraffaelliti, John William Waterhouse (1849 – 1917) che dipinse lo splendido quadro dal titolo “La dama di Shalott” (1888), la cui storia è tratta da una poesia di Alfred Tennyson, o ancora “Il cerchio magico” (1886) che si ispira alla stregoneria.
Abbiamo citato anche la Bibbia come fonte di ispirazione per la confraternita, e questo perché l’intento era quello di dare una nuova visione anche alla storia religiosa. Molto significativo il quadro di Millais “Cristo in casa dei suoi genitori” o quello di Ford Madox Brown “Gesù lava i piedi di Pietro” che originariamente voleva ritrarre Gesù a torso nudo per sottolineare la fisicità del suo gesto, ma fu un’idea che venne abbandonata perché troppo pretenziosa. Sempre di Brown troviamo “Prendete vostro figlio, Signore”, un dipinto iniziato nel 1851-2, ma rimasto incompiuto.
Nel complesso, una mostra ricca e interessante, divisa per temi e su cui ci si dovrebbe soffermare su ogni singola opera e autore (ad es. “San’Agnese in prigione riceve dal cielo una bianca veste splendente” (1905) di Frank Cadogan Cowper o “Giuramento infranto” (1856) di Philip Hermogenes Calderon, o ancora il bellissimo dipinto “Claudio e Isabella” (1850) ispirato a “Misura per Misura” di Shakespeare ad opera di William Holman Hunt o la verità della natura portata in pittura da John Brett ne “Il ghiacciaio di Rosenlaui” (1856)). La cosa certa è che questa mostra fa intraprendere ai visitatori un percorso che solo quando si giunge alla fine completa pienamente il senso e l’intenzione del sottotitolo “Amore e desiderio”.
Per chi ancora non l’ha visitata, è un appuntamento unico e imperdibile.
Roberta Usardi