30 ANNI DI CORSA CON L’ATLETICA AMATORI TURSI: COME AMARE LA CORSA SDRAIATI SUL DIVANO
Nel libro di Salvatore Gravino – 30 anni di corsa con l’ASD atletica amatori Tursi (Zaccara Editore, 2018) – c’è molto ma molto di più di quello che il titolo promette, in tutti i sensi. Non parla di “corsa” solo negli ultimi trent’anni ma compie un excursus gradevole e indispensabile della storia della corsa; addirittura dalla preistoria a oggi – altro che trent’anni – dalle corse “del Gallo” ai “giochi della gioventù”. È vero, si sofferma poi sulla nascita della prima società giovanile di atletica leggera a Tursi, ma è quasi tanto per dare una collocazione geografica a un fenomeno che ha come palcoscenico il mondo, perché gli atleti tursitani sono atleti di levatura internazionale e olimpico valore.
Qualche volta, in verità non succede spesso, la lettura di un libro diventa, come in questo caso, così piacevole, così interessante che viene voglia di fermarsi un attimo per assimilare il già letto, farlo proprio, quasi viverlo nell’intimo come esperienza di vita e fare qualche riflessione. La pausa mi ha portato al ricordo di un vecchio libro si Stephen King – La Lunga marcia – dove appunto la marcia (o la corsa, in questo caso) viene rappresentata come simbolo della vita e, come nella vita, è inutile chiedersi troppi perché. Si deve andare avanti senza fermarsi, non esistono spazi per rammarichi o rimpianti. Correre, andare avanti è l’imperativo assoluto…
Ho ripreso la lettura del libro di Gravino con questo spirito direi “ spartano”, con questa luce nuova e il miracolo è accaduto: un mio ricredere sulla corsa, io che l’unica corsa che faccio è dalla sedia al divano. Ho cercato (apprezzandoli non poco) i consigli per i principianti sia psicologici sia fisici, dall’equipaggiamento all’alimentazione sino ad addentrarmi, preso per mano dall’autore, a quello che la corsa rappresenta che non è solo uno sforzo fisico, un salutare sudore, ma una vera e propria filosofia di vita, un relazionarsi con la natura e col mondo, uno stare prima che con gli altri con se stessi, in quella meravigliosa solitudine di cuore che ci rende partecipi e solidali con il resto del mondo, che ci avvicina e ci armonizza con il creato, consapevoli strumenti di una universale orchestra.
Finita la lettura, confesso, non ho seguito la liturgia del deporre il libro accanto agli altri già letti. L’ho lasciato in bella vista, come un aiuto, un farmaco salvavita per tutte le volte che potrei essere tentato di oziare sul divano.
Francesco De Masi